Situazione sociale in Italia: la fotografia di un paese che non si fida di niente. I dati del Censis

Nonostante qualche segnale di ripresa – reale – ci sia, gli italiani non si fidano. Non si fidano del governo, non si fidano delle notizie, svilite dal fenomeno delle fake news. Insomma, i nostri connazionali sono pieni di rancore e di paura. Uno scenario veramente nero quello che scaturisce dal “Rapporto sulla situazione sociale del Paese” condotto dal Censis. I numeri della scontentezza parlano chiaro: il l 78% degli italiani non ha fiducia nel governo.

Fattori da “maneggiare con cura”

L’istituto di ricerca non le manda a dire: “persistono trascinamenti inerziali da maneggiare con cura: il rimpicciolimento demografico del Paese, la povertà del capitale umano immigrato, la polarizzazione dell’occupazione che penalizza l’ex ceto medio” afferma. E rilancia con “Non si è distribuito il dividendo sociale della ripresa economica e il blocco della mobilità sociale crea rancore”. In questo scenario cupo, in base all’analisi, la paura del declassamento è il nuovo “fantasma sociale”: l’87,3% degli appartenenti al ceto popolare pensa che sia difficile salire nella scala sociale, così come l’83,5% del ceto medio e il 71,4% del ceto benestante. Pensano che al contrario sia facile scivolare in basso il 71,5% del ceto popolare, il 65,4% del ceto medio, il 62,1% dei benestanti. E il 59% degli italiani nutre sentimenti negativi verso il fenomeno dell’immigrazione.

Politica? Niente fiducia

Pessimo il rapporto con la politica e le istituzioni in generale. L’84% degli italiani non ha fiducia nei partiti politici, il 78% nel Governo, il 76% nel Parlamento, il 70% nelle istituzioni locali, Regioni e Comuni. “L’onda di sfiducia che ha investito la politica e le istituzioni non perdona nessuno” dice il Censis. Bocciati quasi tutti gli aspetti della cosa pubblica: il 60% dei nostri connazionali è insoddisfatto di come funziona la democrazia nel Paese, il 64% è convinto che la voce del cittadino non conti nulla, il 75% giudica negativamente la fornitura dei servizi pubblici.

Meglio la vita privata, con riserva

Qualche sprazzo di positività si intravvede solo nella vita privata. Il 78,2% degli intervistati si dice infatti molto o abbastanza soddisfatto della propria vita. “Dopo gli anni del severo scrutinio dei consumi, torna il primato dello stile di vita e del benessere soggettivo, dall’estetica al tempo libero. La somma delle piccole cose che contano genera la felicità quotidiana: è un coccolarsi di massa”, spiega l’Istituto di ricerca. Il 45,4%, si legge nel Rapporto, è pronto a spendere un po’ di più per concedersi almeno una vacanza all’anno, il 40,8% per acquistare prodotti alimentari di qualità (Dop, Igp, tipici), il 32,3% per mangiare in ristoranti e trattorie, il 24,7% per comprare abiti e accessori, il 17,4% per un nuovo smartphone, il 16,9% per mostre, cinema, teatro, spettacoli, il 15,2% per attività sportive, il 12,5% per abbonamenti a pay tv o a piattaforme web di intrattenimento.

In tre anni aumentati i consumi del 4%

Che una ripresa, seppur ancora parziale, sia in atto è un fenomeno confermato dai numeri del Censis: tra il 2013 e il 2016 la spesa per i consumi delle famiglie è cresciuta complessivamente di 42,4 miliardi di euro (+4% in termini reali nei tre anni), segnando la risalita dopo il buio della crisi.