Abbandoni scolastici e cervelli in fuga: un allarme tutto italiano

Con sempre meno giovani, di cui molti con un livello di istruzione insufficiente, per tante Pmi trovare personale preparato nel prossimo futuro sarà una missione impossibile. 
Lo sostiene l’Ufficio studi della CGIA: in Italia nel 2022 i giovani che hanno abbandonato la scuola prematuramente sono stati 465.000, l’11,5% della popolazione tra 18-24 anni, mentre i cosiddetti “cervelli in fuga” dal nostro Paese per trasferirsi all’estero sono stati 55.500. 

I primi sono 8 volte in più dei secondi, ma mentre la dispersione scolastica non è ancora avvertita come una piaga educativa dal costo sociale spaventoso, la fuga all’estero di tanti giovani lo è.
Se a queste specificità che caratterizzano il mondo giovanile si aggiungono la crisi demografica e la rivoluzione digitale, tutto ciò avrà inevitabili ricadute anche per le imprese.

Pochi diplomati e laureati ed elevata povertà educativa

L’Italia, rispetto ai principali Paesi dell’Unione, nel campo dell’istruzione/formazione scolastica presenta due problemi. Il primo è dovuto a un basso numero di diplomati e laureati, soprattutto in materie scientifiche.
Il secondo, riguarda un’elevata povertà educativa che secondo gli esperti, va di pari passo con la povertà economica.

Le cause che determinano la “fuga” dai banchi di scuola sono principalmente culturali, sociali ed economiche. 
I ragazzi che provengono da ambienti socialmente svantaggiati e famiglie con basso livello di istruzione hanno maggiori probabilità di abbandonare la scuola prima di aver completato il percorso di studi che li porta a conseguire almeno il diploma di maturità. 

Colpa di un’offerta formativa insoddisfacente?

Va altresì segnalato che talvolta, l’abbandono scolastico può essere causato da una insoddisfazione per l’offerta formativa disponibile.

In questo, senso si sottolinea il lavoro inclusivo svolto dagli istituti di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), realtà diventate nel tempo un punto di riferimento per gli allievi di nazionalità straniera, per quelli con disabilità e per gli studenti reduci da insuccessi scolastici precedenti.
Scuole che spesso operano in aree caratterizzate da un forte degrado urbano e sociale, ma che grazie allo straordinario lavoro antidispersivo svolto, andrebbero sostenute con maggiori risorse. 

Peggio di noi solo Spagna e Germania

A livello territoriale sono le regioni del Sud che presentano i livelli di abbandono scolastico più elevati. Pertanto, dal confronto tra la dispersione scolastica e la “fuga di cervelli” è la Campania a presentare il gap più elevato (la prima è numericamente 16 più grande della seconda). Seguono Puglia e Sicilia (14), e Toscana e Sardegna (8). 

Sebbene la fuga dai banchi di scuola sia in calo in tutta Europa, tra i 20 Paesi dell’Eurozona nel 2022 l’Italia era al terzo posto per abbandono scolastico dei giovani tra 18 e 24 anni (11,5%). Solo la Spagna (13,9%) e la Germania (12,2%) presentavano un risultato peggiore del nostro (media dell’area Euro 9,7%).

Bonus ristrutturazione 2024, conferme e novità 

Il bonus ristrutturazione, l’agevolazione destinata a chi effettua lavori di riqualificazione dei propri immobili, è stata decisamente ben gradita dagli italiani. E fortunatamente rimane in essere anche per il 2024. In linea generale, valgono le medesime regole degli anni passati, a cominciare dalla detrazione fiscale fissata al 50% sulle spese sostenute entro il 31 dicembre per lavori di riqualificazione edilizia, manutenzione straordinaria e ordinaria per condomini, con un limite massimo di 96.000 euro per unità immobiliare.

Questa agevolazione consente un rimborso IRPEF spalmato in 10 anni, da richiedere mediante la dichiarazione dei redditi tramite modello 730 o Redditi Persone Fisiche.

Le detrazioni per chi acquista un nuovo arredo

Il bonus permette inoltre di beneficiare di detrazioni anche per l’acquisto di mobili o grandi elettrodomestici a patto che rispettino specifici requisiti energetici, con uno “taglio” del 50% sulle spese sostenute dopo l’avvio dei lavori, fino a un massimo di 5.000 euro. Anche in questo caso, la detrazione va spalmata nell’arco di  10 rate annuali di paro importo.

Quali lavori?

I lavori che consentono l’accesso al bonus ristrutturazione includono interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia su parti comuni di edifici residenziali o su singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, oltre ai lavori realizzati in economia e in proprio e le spese sostenute per l’acquisto dei materiali.

La comunicazione all’Enea 

È fondamentale inviare una comunicazione all’ENEA entro 90 giorni dalla fine dei lavori per gli interventi finalizzati al risparmio energetico, pena la perdita delle agevolazioni fiscali. Questo adempimento è richiesto per quei lavori che rientrano nell’ecobonus, come l’installazione di infissi o impianti tecnologici.

Per ottenere il bonus, i pagamenti devono essere effettuati tramite bonifico bancario o postale contenente i dati specifici dei lavori e del beneficiario della detrazione. È possibile usufruire dell’agevolazione anche per pagamenti effettuati tramite finanziamento, prendendo come riferimento la data di pagamento fatta dalla finanziaria.

I documenti da conservare

Infine, è fondamentale conservare una serie di documenti in caso di controlli, tra cui fatture, ricevute fiscali, abilitazioni amministrative, documentazione relativa agli immobili e comunicazioni preventive all’ASL, se necessarie. 

Nel caso in cui gli immobili non siano ancora stati inseriti nel catasto, dovrà essere presentata la domanda di accatastamento. Dovranno inoltre essere presentate, qualora l’imposta sia dovuta, le ricevute di pagamento dell’IMU. La mancata presentazione di questi documenti, se richiesti, potrebbe compromettere il diritto alle agevolazioni fiscali.

Formazione permanente, perchè oggi fa la differenza a livello personale e professionale?

Viviamo in un’epoca in cui il cambiamento è la costante principale. Tecnologie innovative, nuovi modelli di business e sfide globali stanno trasformando rapidamente il nostro mondo. In questo contesto così dinamico, la formazione continua risulta essere la chiave fondamentale per adattarsi alle novità e per emergere.

Il contesto attuale

L’accelerazione della tecnologia ha portato a una rapida obsolescenza delle competenze così come le conoscevamo. Ciò che è rilevante oggi potrebbe non esserlo domani. Le professioni emergenti richiedono una combinazione di abilità tecniche e soft skills che non erano considerate essenziali in passato. La globalizzazione e l’interconnessione delle economie rendono cruciale la comprensione delle dinamiche internazionali e delle diverse culture.

L’adattamento come necessità

In un mondo in costante evoluzione, chi si ferma è destinato a rimanere indietro. La formazione continua non è più solo una scelta, ma una necessità. Adattarsi richiede un impegno costante nell’acquisire nuove competenze e conoscenze, così come nell’aggiornarsi su quelle esistenti. Questo atteggiamento proattivo è fondamentale per mantenere, e migliorare, la propria posizione professionale e personale.

Lavoro, imparare è fondamentale

Le organizzazioni e le aziende che abbracciano la cultura della formazione continua godono di una maggiore flessibilità e adattabilità. Offrire opportunità di crescita e formazione ai dipendenti non solo li aiuta a crescere professionalmente, ma migliora anche la produttività e la soddisfazione in azienda. I dipendenti motivati ​​a imparare sono spesso più creativi e pronti ad affrontare sfide complesse.

Strumenti tecnologici a supporto dell’apprendimento

La tecnologia ha reso l’apprendimento più accessibile che mai. Piattaforme online, corsi digitali e risorse interattive offrono opportunità di apprendimento flessibili e personalizzate. La gamification e l’uso della realtà virtuale stanno trasformando l’esperienza di apprendimento, rendendola più coinvolgente ed efficace.

Conclusione

In conclusione, la formazione continua è diventata il pilastro su cui si basa il successo individuale e organizzativo. Abbracciare l’idea che “c’è sempre da imparare” è fondamentale per navigare con successo nel mondo complesso e imprevedibile di oggi. Che si tratti di acquisire nuove competenze tecniche, migliorare le soft skills o comprendere meglio il contesto globale, investire nell’apprendimento è un investimento prezioso sul proprio futuro. 

Navigare in Internet: le 7 abilità indispensabili che i meno esperti devono imparare

Parola dell’esperto: acquisire familiarità con alcune competenze tecnologiche di base può rendere la navigazione sul web meno intimidatoria, e più sicura, a chi è meno avvezzo al mondo online e alla tecnologia in generale. In un mondo sempre più digitalizzato, chi non è particolarmente esperto di tecnologia può sentirsi a disagio o emarginato. Ma niente paura: Jason Adler, esperto tech presso Repocket, ha spiegato quali sono le 7 competenze internet che tutti dovrebbero conoscere per navigare con maggiore sicurezza e confidenza. 

Scegliere il browser

Secondo Adler la prima competenza da acquisire riguarda il browser di navigazione. Imparare a usare il browser è infatti il primo passo per poter navigare su internet. Conoscere funzioni come aprire nuove schede, salvare i siti preferiti, eliminare la cronologia e gestire le impostazioni può migliorare significativamente l’efficienza online.

Ma quali sono i browser principali?
Se Google Chrome domina il mercato con 2,6 miliardi di utenti nel 2023, esistono anche ulteriori valide alternative, Safari e Firefox, oltre, ovviamente, a Edge di Microsoft.

Saper usare i motori di ricerca e utilizzare sempre password complesse

Saper usare i motori di ricerca come Google o Bing non riguarda solo i veterani di internet. Imparare a selezionare le parole chiave corrette e a usare gli operatori booleani (AND, OR, NOT) può rendere le ricerche più precise e veloci, risparmiando fino al 25% del tempo impiegato per cercare un’informazione.
Non meno importante è prestare attenzione alla sicurezza delle password.

Con oltre 23,2 milioni di violazioni dei dati causate da password deboli, la sicurezza degli account inizia da una password forte.
Utilizzare gestori di password affidabili può non solo aumentare la sicurezza e la protezione dei dati personali, ma anche risparmiare tempo prezioso.

Gestire privacy e sicurezza, ricercare tramite immagini e saper risolvere i problemi più comuni 

Con l’aumento delle minacce informatiche, conoscere le impostazioni di privacy di base e adottare buone pratiche come evitare di aprire e-mail sospette e mantenere aggiornato il software è cruciale per proteggersi online.
Molti poi non sanno che è possibile effettuare ricerche su Google tramite immagini. Si tratta di una funzionalità utile per trovare prodotti o informazioni quando le parole non sono sufficienti.
In ogni caso, essere in grado di affrontare problemi come risolvere il blocco delle pagine o i tempi di caricamento lenti, spesso risolvibili riavviando il dispositivo o svuotando la cache, è fondamentale per un’esperienza online più fluida.

Conoscere le scorciatoie da tastiera può trasformare l’esperienza online

Anche se non utilizzabili sugli smartphone, conoscere alcune scorciatoie da tastiera, ovvero la pressione di due o più tasti contemporaneamente per richiamare una determinata operazione, può far risparmiare fino a 64 ore di tempo all’anno, rendendo la navigazione più efficiente e meno dispendiosa in termini di tempo.

Insomma, queste competenze di base possono trasformare l’esperienza online, rendendola meno complicata e più accessibile.
Con la pratica, internet diventerà sicuramente uno strumento meno intimidatorio e più utile anche a chi è poco esperto di internet e tecnologia.

La Generazione Z e i social, tra intrattenimento e creatività

Sono 24mila ragazzi, tra 12 e 20 anni, ad avere partecipato all’indagine effettuata da Webboh Lab, il primo Osservatorio digitale permanente dedicato alla Gen Z, creato da Webboh e dall’istituto di Ricerca Sylla.
Dalla ricerca emerge che la Gen Z non è un monolite, anche nel suo rapporto con i social. Anche se i media tendono a semplificare e sintetizzare, in realtà, non esiste un’unica Generazione Z.

I risultati del report hanno infatti consentito di profilare cinque atteggiamenti dei giovani utenti: Meme Maestro (40%), Creative Explorer (18%), Like Lover (17%), Social Soul (14%) e Digital Dreamer (11%). 
Il primo, Meme Maestro, considera i social media una forma d’intrattenimento, come meme e video virali. Questo profilo condivide aspetti della propria vita e interessi, e si collega con i suoi coetanei per trarre ispirazione riguardo ai prodotti di tendenza.

Creative Explorer e Like Lover 

Creative Explorer è invece il profilo che utilizza i social media come una piattaforma per esprimere la propria creatività attraverso foto, scrittura e arte. È composto da giovani a cui piace esplorare e approfondire i propri interessi, ma anche scoprire nuovi argomenti, condividere informazioni, promuovendo cause sociali e cercando aiuto e supporto.

Like Lover è il profilo di chi è appassionato di social media e cerca gratificazioni attraverso i feedback positivi, come i like e i commenti.
I giovani appartenenti a questo profilo utilizzano i social come una fuga dalla routine quotidiana, seguendo e contattando i propri idoli e creator preferiti per sentirsi parte di un mondo diverso.

Social Soul e Digital Dreamer

Social Soul è il profilo del giovane social media enthusiast che sfrutta principalmente le piattaforme per instaurare relazioni e conoscere nuove persone, maa anche per avere consigli e scoprire nuove passioni. Mentre Digital Dreamer è il profilo che racchiude gli aspetti di tutti i profili precedenti, e rappresenta quei giovani che utilizzano i social media come una piattaforma per esplorare e vivere un’identità online diversa dalla realtà.

Senza social i giovani non si sentono soli

Dai risultati della survey, riferisce Ansa, viene anche sfatato il mito che i teenager si sentano soli senza i social. In una scala da 1 (per niente) a 10 (massimo), il punteggio medio attribuito al ‘timore della solitudine’ è stato solo di 4,3, ed è uno degli ultimi marker per importanza tra quelli considerati. I punteggi più alti, infatti, li hanno ottenuti ‘Mi annoierei’ e ‘Farei più sport’.

Altro dato interessante, è che senza i social la Gen Z sentirebbe la mancanza principalmente di WhatsApp, Instagram, TikTok e YouTube, mentre non soffrirebbe l’assenza di Facebook, ultimo dietro Twitch, Discord e X, a testimonianza della necessità forte di restare in contatto con i propri amici.

Bonus animali domestici: arriverà nel 2024?

Poter curare il proprio animale domestico per molti è un lusso, in quanto non esiste un sistema pubblico che ammortizzi le spese veterinarie: è possibile solo rivolgersi a privati. In Italia non esiste un Sistema Veterinario Nazionale alla stregua di quello per gli umani, pertanto, quando il pet si ammala i conti sono piuttosto salati, e senza possibilità di costi calmierati. Le spese vanno infatti da poco meno di 100 euro per la prima visita ad alcune centinaia per interventi come la sterilizzazione.

Per non parlare dei costi per interventi chirurgici straordinari, che possono richiedere anche l’esborso di diverse migliaia di euro.
Ma nel 2024 sarà possibile accedere a un Bonus Animali Domestici per risparmiare o recuperare i costi? Purtroppo al momento non si può parlare di un vero e proprio Bonus, ma solo di una detrazione sulle spese veterinarie già sostenute. 

Quanto costa mantenere un cane?

Spesso si tratta di circostanze impossibili da evitare. Come, ad esempio, il microchip obbligatorio previsto per i cani su tutto il territorio nazionale, oppure le vaccinazioni per prevenire determinate malattie. O ancora, l’insorgenza di patologie croniche dovute all’età dell’animale.
A tutto ciò si aggiunge un’alimentazione sana, costituita da prodotti di qualità che utilizzano materie prime certificate per far sì che la salute del pet non risenta troppo del passare del tempo.

In sostanza, secondo un’indagine effettuata da Federconsumatori per il mantenimento di un cane si possono spendere all’anno fra i 1.700 e i 2.500 euro, in base alla taglia e all’età, mentre per un gatto in media circa 1.200 euro annuali.

Si può detrarre il 19% sulle spese veterinarie

Nel corso degli anni si è discusso sulla possibilità di introdurre agevolazioni per consentire ai detentori di animali di recuperare almeno in parte le spese veterinarie sostenute.

La più ‘famosa’ risale al 2022, quando l’onorevole Michela Vittoria Brambilla aveva proposto un bonus di 150 l’anno per ciascun animale domestico iscritto all’anagrafe (fino a un massimo di tre) destinato a tutti coloro con reddito ISEE inferiore a 15.000 euro. Tuttavia, la proposta non è stata inserita nella Legge di Bilancio 2023.
Qualunque sia la spesa annuale destinata al pet c’è comunque la possibilità di recuperare in parte quanto sostenuto tramite la detrazione del 19% prevista a livello nazionale.

Rimborso massimo: 80 euro

La legge prevede la possibilità di presentare al massimo 550 euro di spese sostenute alle quali viene sottratta una franchigia di 129,11 euro. Sul risultato, si applica la detrazione.

Presentando tutte le fatture accumulate per le prestazioni veterinarie si possono quindi ricevere fino a circa 80 euro di rimborso.
Tale agevolazione non è però prevista per tutte le spese sostenute per l’animale domestico, ma solo per le visite ambulatoriali effettuate dal veterinario, le analisi di laboratorio, gli esami diagnostici (come lastre ed ecografie), gli interventi chirurgici e i giorni di ricovero presso cliniche veterinarie.
Inoltre, i farmaci destinati agli animali, con o senza ricetta, purché siano acquistati in farmacia.

Sul dark web si fa e-commerce di dati italiani: in vendita 30 milioni di numeri telefonici 

Lo ha scoperto il team di Cyber Threat Intelligence di Yarix, divisione Digital Security di Var Group: su un forum del dark web sono stati messi in vendita a prezzi accessibili 30 milioni di recapiti telefonici di utenti italiani in ‘pacchetti’ contenenti considerevoli volumi di informazioni, come nome e cognome, indirizzo e-mail, residenza e domicilio, da utilizzare, probabilmente, per campagne di scam e phishing su larga scala.

Gli accertamenti sui Threat Actor (TA) e sulla provenienza del data set sono tutt’ora in corso.
YCTI ha poi rilevato un aumento delle attività malevole in concomitanza del Black Friday e del Cyber Monday. Crescono del +50% i fake shop nel settore fashion. 

Black Friday e Cyber Monday: un’occasione anche per i cybercriminali

Il periodo che anticipa il Natale, con le occasioni del Black Friday e del Cyber Monday. rappresenta uno dei momenti più importanti per gli acquisti. Nel 2022, gli italiani hanno speso mediamente 5,3 miliardi di euro nel weekend dedicato allo shopping online, con una media di 169 euro a persona (Coldiretti/Ixe).
Yarix ha pertanto condotto un’indagine sul dark web e i forum underground per analizzare i movimenti dei Threat Actor e le operazioni malevole in preparazione ai giorni dello shopping natalizio.

Tra gennaio e ottobre 2023 ha rilevato oltre 66mila dispositivi compromessi contenenti credenziali di accesso italiane, il 33% riguardanti le principali piattaforme italiane di e-commerce.

Offresi exploit e vulnerabilità, si accettano criptovalute

In aggiunta all’aumento della vendita di dati relativi a consumatori italiani, sul dark web Yarix ha potuto constatare una continua vendita di exploit e vulnerabilità, alcune delle quali riguardano software utilizzati dalle piattaforme di e-commerce.
I set di dati sono acquistabili partendo da una base di 100 dollari fino ad arrivare al milione di dollari pagati in criptovaluta.

In aumento a ottobre e la prima metà di novembre anche i fake shop (store che riproducono in maniera estremamente fedele gli store originali per sottrarre dati personali e di pagamento) del settore fashion.
Rispetto allo stesso periodo del 2022, è stato registrato un incremento complessivo del 50%.

In vendita ingressi informatici delle organizzazioni

I cybercriminali – spiega Mirko Gatto, ceo di Yarix – attraverso truffe di vario tipo, più o meno articolate, riescono a sottrarre una mole sempre maggiore di dati da rivendere sul dark web. I Threat Actor rivendono poi i dati sottratti e organizzati in banche dati attraverso forum e black market nel dark web, basandosi sugli interessi dei compratori fraudolenti. Il bottino ha un prezzo irrisorio, sempre più accessibile a una tipologia specifica di crimine che ha come obiettivo l’appropriazione di credenziali di utenti privati. Parliamo di un fenomeno in costante e preoccupante crescita, tanto da aver determinato l’importanza di una specifica categoria di criminali informatici, denominata Initial Access Brokers (IAB), il cui ruolo consiste appunto nella vendita di punti di ingresso al perimetro informatico di aziende e organizzazioni”.

Identità digitali crescono, e avanza il Digital Identity Wallet

Lo attesta la ricerca dell’Osservatorio Digital Identity della School of Management del Politecnico di Milano: oggi sono 36,4 milioni gli italiani maggiorenni, e 13mila i minorenni, ad avere attivato SPID, il 61% della popolazione. Gli accessi totali sono stabili in media a 25 l’anno per utente, e nel 2022 sono stati oltre 1 miliardo.

I cittadini in possesso di Carta d’Identità Elettronica son0 invece 39,3 milioni, anche se la sua versione digitale, abilitata dall’app CieID, risulta ancora fortemente sottoutilizzata. Sono solo 4 milioni gli utenti che la usano per accedere ai servizi online. Al contempo, Stati e Big Tech iniziano a sperimentare il Digital Identity Wallet

CIE +23%, SPID +9% in un anno

Se le carte d’identità elettroniche sono cresciute del 23% in un anno, SPID sembra aver raggiunto un plateau, assestandosi a un tasso di crescita più contenuto rispetto agli ultimi anni: +9% da gennaio-novembre 2023 contro il +23% del 2022.
Di questo passo, l’obiettivo fissato nel PNRR di raggiungere 42,3 milioni di identità digitali entro giugno 2026 sembra ancora lontano.

Un rallentamento che si osserva anche nel confronto internazionale: se in Svezia e Norvegia i sistemi di identità digitale raggiungono già circa l’80% della popolazione, il sistema francese FranceConnect in un anno è salito dal 60% al 61%, quello belga itsme® dal 56% al 58%.
Mostrano un’incidenza inferiore allo SPID italiano, il Chave Movel Digital portoghese (54% della popolazione) e lo SwissId elvetico (39%).

eIDAS 2.0 ed European Digital Identity Wallet

Si è concluso il confronto sul fronte normativo di eIDAS 2.0 tra istituzioni europee e Stati membri per la versione definitiva del Regolamento alla base dell’European Digital Identity Wallet, previsto non prima del 2026.
Si sta poi lavorando sull’Architecture Reference Framework, che definisce standard comuni, specifiche tecniche e linee guida per la creazione dei wallet nazionali interoperabili fra gli Stati membri.

Alcuni Stati hanno già iniziato una transizione dei sistemi attivi verso un modello di digital identity wallet. In Francia è stata lanciata l’app France Identité, su cui è possibile memorizzare la versione digitale dei documenti di riconoscimento, mentre in Grecia l’app Gov.gr Wallet consente di dematerializzare CI e patente e utilizzarle per l’accesso a servizi digitali di banche e aziende delle telecomunicazioni, oltre che per il riconoscimento in luoghi fisici.

IT Wallet farà convergere SPID e CIE

Nel 2023 l’Italia ha preso decisioni importanti sulla convivenza di SPID e CIE. Nonostante il rinnovo delle convenzioni degli Identity Provider di SPID giunto a maggio 2023 e valido per il prossimo biennio, la strategia dell’attuale Governo è portare questi due sistemi verso la convergenza.

SPID si è ormai consolidato come chiave di accesso ai servizi pubblici, mentre continua a registrare un’adozione inferiore al proprio potenziale nel mondo privato. La CIE, nonostante la diffusione del documento fisico, risulta ancora fortemente sottoutilizzata per accedere ai servizi online nella versione digitale. In questo processo di consolidamento, l’Italia sta definendo la propria strada verso il wallet, costruendo un prototipo nazionale, l’IT Wallet, che dovrebbe essere un’estensione dell’app IO.

Quali sono le otto azioni quotidiane che fanno ringiovanire di sei anni?

Dire no al fumo, fare attività fisica regolare, seguire una dieta equilibrata ricca di verdure, noci e proteine magre, sono tra gli otto comportamenti sani che potrebbero aiutare a rimanere giovane e in buona salute, e per più tempo. In pratica, aiuterebbero a ridurre di sei anni l’età biologica, ovvero, quella del proprio corpo.

La lista delle ‘8 cose essenziali per la vita’ include anche fare almeno 150 minuti di attività fisica moderata o 75 minuti di attività fisica vigorosa a settimana, dormire tra sette e nove ore a notte, mantenere un peso equilibrato e controllare il colesterolo, la glicemia e la pressione sanguigna.
La lista è stata creata dall’American Heart Association inizialmente per aiutare le persone a migliorare la propria salute cardiovascolare.

Gli effetti anti-aging delle 8 cose essenziali per la vita

Un nuovo studio condotto presso la Columbia University Irving Medical Center in New York City, evidenzia anche gli effetti ‘anti-aging’ di questa lista.

Secondo lo studio, che sarà presentato al congresso dei cardiologi americani a Philadelphia, chi non segue queste sane abitudini presenta un corpo mediamente 4 anni più vecchio della propria età anagrafica. 
Dalla ricerca è emerso infatti che aderire alla lista delle ‘8 cose essenziali per la vita’ non solo migliora la salute del cuore, ma potrebbe anche rallentare il processo di invecchiamento.

Determinare l’età biologica e l’età anagrafica dell’organismo 

I ricercatori hanno valutato oltre 6500 partecipanti, raccogliendo informazioni dettagliate su quanto intensamente aderissero agli otto precetti salva-cuore.
Il team ha anche calcolato la vera età del loro organismo.

L’età dell’organismo è un’indicazione dell’età biologica che viene determinata misurando i livelli di sostanze presenti nel corpo, e coinvolte nel metabolismo, nell’infiammazione e nella funzione degli organi, come glucosio e creatinina.
Si tratta di una misura che fornisce un quadro più completo di come una persona stia invecchiando.
Il team ha scoperto che coloro che hanno dichiarato di adottare fedelmente la lista dei precetti mostravano un’età biologica in media sei anni più giovane della loro età anagrafica.

Rallentare il processo di invecchiamento del corpo è possibile

Coloro che, al contrario, hanno dichiarato di aderire con insufficiente impegno ai precetti mostravano un’età biologica media pari a quattro anni maggiore della loro età cronologica, riporta Ansa. 
“Il rispetto della lista può rallentare il processo di invecchiamento del corpo, il che ha molti benefici – ha spiegato Nour Makarem, l’epidemiologo che ha condotto il lavoro – incluso un aumento degli anni senza malattie e la riduzione del rischio di morte prematura”.

Intelligenza artificiale: italiani preoccupati per taglio stipendi e posti di lavoro

Più della metà degli italiani, il 53%, è preoccupata che l’Intelligenza Artificiale possa ridurre le ore lavorate e di conseguenza, lo stipendio.
Una quota di cittadini, al contrario, a parità di retribuzione prevede un aumento delle ore di lavoro a causa della necessità di supervisionare le attività svolte dall’AI.
Si tratta di alcuni risultati della ricerca commissionata a Ipsos da Kelly, la società internazionale di head hunting.

Per quasi 7 italiani su 10 l’AI creerà quindi una ulteriore frattura retributiva.
“In particolare – spiega Cristian Sala, country manager di Kellly Italia -, il livello di scolarità, più o meno elevato, farà da spartiacque nelle retribuzioni più che l’età, il genere o la collocazione geografica”.

Un danno per le aziende più piccole?

Inoltre, per il 68% del campione l’AI causerà una riduzione del personale nelle aziende, mentre per il 55% causerà addirittura la chiusura di attività. E per il 71% a beneficiare dell’AI saranno soprattutto le aziende più grandi e strutturate a discapito di quelle più piccole.

D’altro canto, il 63% pensa che l’Intelligenza artificiale porterà allo sviluppo di nuove professioni e professionalità che debbano gestire e supervisionare le attività che verranno poi svolte dall’AI stessa. Ci sarà, quindi, più tempo da dedicare alle mansioni complesse, mentre òe attività più ripetitive potranno essere gestite tramite l’AI (71%),
Tutto ciò porterà più efficienza e produttività (65%) e maggiore sicurezza per le mansioni più rischiose (61%).

La necessità di una formazione adeguata dei dipendenti

A questo proposito, il 63% degli italiani è convinto che le aziende debbano provvedere necessariamente a formare in maniera adeguata tutti i lavoratori, indipendentemente dal tipo di mansione, o se in ambito tecnologico o meno.

“Non è un caso che il 57% del campione è d’accordo con il fatto che è importante essere ben informati sul funzionamento dell’AI, in modo tale da poterla controllare e comprendere se sta eseguendo correttamente il compito assegnato – aggiunge Sala -. La formazione diventa anche strumento di rassicurazione davanti a un fenomeno che per molti rivoluzionerà, in tempi più o meno lunghi, non solo la vita lavorativa, ma anche quella personale”.

L’impatto sulla socialità nel luogo di lavoro

Se per 4 italiani su 10 l’Intelligenza artificiale porterà a un maggiore isolamento dai colleghi, poiché non ci sarà più bisogno del confronto umano, un’analoga quota ritiene che l’AI, al contrario, potrà essere d’aiuto nel connettere persone che parlano lingue diverse, così come tra chi lavora in diverse sedi o uffici.

Quasi l’80% del campione è concorde invece sull’auspicio che l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale venga regolamentato dai Governi all’interno di un quadro legislativo internazionale, che imponga il rispetto tassativo delle normative.