Meglio lo smart working che rinunciare alle ferie

Sì allo smart working per due italiani su tre, anche e soprattutto in vacanza. Perché è meglio portarsi il lavoro al mare o in montagna piuttosto che rinunciare alle ferie o doverle ridurre notevolmente. È quanto emerge da una recente indagine svolta su un campione di 500 connazionali da Axess Public Relations, agenzia di pubbliche relazioni italiana specializzata nell’healthcare, assicurazioni e no profit.

“La cultura del lavoro – dichiara ad askanews Dario Francolino, presidente di Axess Public Relations -, per alcune professioni si è completamente trasformata, come osserviamo ormai quotidianamente grazie o per colpa dello Smart Working. Guardiamo il lato positivo, così si evitano anche stress e traumi da rientro”. Insomma, senza aver mai completamente “abbandonato” il Pc (e avendo fatto vacanze più lunghe di quelle che sarebbe stato possibile fare) il ritorno alla solita vita è più soft e meno traumatico.

Smart working, per chi è ideale e perché

Lo smart working è il sogno di molti, ma è particolarmente efficace per alcune figure professionali in particolare.

“Lo smartworking è un vero toccasana per alcune professioni più creative, che non necessitano di lavorare per forza dall’ufficio – dice ancora Francolino -. È così che si riescono a conciliare le diverse esigenze dei dipendenti tra cui per esempio la possibilità di avere più supporto nella cura dei figli o dei genitori”. Insomma, così si riesce a conciliare famiglia e lavoro, senza spostamenti e soprattutto senza sacrifici.

L’importanza di responsabilità e rispetto reciproco

Ovviamente, la possibilità di lavorare lontano dall’ufficio presuppone un consolidato rapporto di fiducia, senso di responsabilità e condivisione di regole generali con l’azienda. Un esempio? Per il lavoratore tener conto delle dead line; per l’azienda rispettare il tempo libero dei dipendenti, che non devono lavorare o essere raggiungibili per 24 ore su 24. Solo così le nuove condizioni di lavoro possono essere veramente soddisfacenti per tutte le parti in causa.

Cellulare, non è vero che fa male

Buone notizie anche per quanto riguarda i cellulari, strumenti più che necessari nello smart working. Sulla base del Rapporto Istisan “Esposizione a radiofrequenze e tumori: sintesi delle evidenze scientifiche” l’Istituto Superiore di Sanità diffonde notizie confortanti circa l’utilizzo prolungato del cellulare, che se usato per oltre dieci anni, non farebbe incrementare il rischio di neoplasie maligne (glioma) o benigne (meningiomi, neuromi acustici, tumori dell’ipofisi o delle ghiandole salivari). Insomma, via libera al cellulare, soprattutto se significa poter lavorare senza rinunciare alle meritate vacanza.