Uomo e dal reddito medio-alto: ecco il favorito dallo smart working

Uomo, dal reddito medio-alto: ecco il profilo del lavoratore maggiormente favorito dallo smart working. A dirlo è l’INAPP, Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche, che in uno studio ha messo in evidenza gli effetti indesiderabili dello smart working sulla disuguaglianza dei redditi in Italia. Oggi, rivela il report condotto su un bacino di 45.000 individui in età lavorativa (18-74 anni), il lavoro agile avvantaggia i lavoratori con un reddito alto, in prevalenza uomini, accentuando così le disuguaglianze sociali. Chi svolge lavori caratterizzati da un’alta attitudine al lavoro da remoto ha infatti un salario annuo più alto in media del 10% rispetto ai lavoratori con una bassa propensione allo smart working, che raggiunge il 17% tra i lavoratori con i redditi più alti. Come a dire che il lavoro da remoto favorirebbe i ricchi e danneggerebbe i più deboli, almeno dal punto di vista del reddito.

Il profilo dello smart worker

Dallo studio emerge che “un’elevata attitudine a lavorare da remoto è più frequente nelle professioni svolte dalle donne, dai lavoratori adulti e da quelli sposati, con un alto livello di istruzione, con contratto full-time a tempo indeterminato”. Inoltre, scrivono i ricercatori, presentano una maggiore attitudine allo smart working coloro “che lavorano nel settore pubblico, che vivono in nuclei familiari poco numerosi e senza minori, nonché dai lavoratori che vivono in aree metropolitane, nelle regioni dell’Italia Centrale e nelle province che hanno riportato al 5 maggio 2020 un minor contagio Covid-19”. Lo smart working tende infine ad essere più frequente “nei settori Finanza e Assicurazioni, Informazione e Comunicazione, Noleggio e agenzie di viaggi, Pubblica Amministrazione e Servizi Professionali”.

I conti in tasca ai lavoratori I lavoratori con un basso livello di attitudine al lavoro agile sono più numerosi e riportano in media un reddito annuale lordo molto più basso rispetto a quelli con alta propensione allo smart working. Se poi si guarda al ruolo del lavoro da remoto nella distribuzione del reddito, è evidente che “al crescere del reddito da lavoro aumenta sia il divario salariale tra i lavoratori sia la percentuale dei lavoratori che svolgono una professione con elevata attitudine allo smart work”. In particolare, “se aumentassero le attività lavorative con alta propensione verso lo smart work si determinerebbe un aumento del salario medio lordo di circa €2.600 annui, pari a circa il 10%”; ma il vantaggio salariale riguarderebbe prevalentemente i maschi (allargando ulteriormente il divario retributivo di genere), i dipendenti più giovani e più anziani, nonché quelli che vivono nelle province più colpite dal Covid-19 (ovvero quelle del Nord e più sviluppate). Resterebbero indietro soprattutto le donne e gli adulti di età 51-64 anni, mentre tra i dipendenti di età compresa tra 25 e 35 anni si avrebbe un effetto stabile