Troppe ore davanti allo schermo, ed è boom dei disturbi del sonno nei ragazzi

È quanto rileva uno studio condotto dall’ospedale pediatrico Bambino Gesù insieme all’Università Sapienza e a quella di Tor Vergata di Roma: i lockdown e la Dad hanno aumentato drasticamente l’esposizione ai dispositivi elettronici nei minori, comportando un forte incremento dei disturbi del sonno. Secondo lo studio, “rispetto al periodo pre-pandemia l’aumento del tempo trascorso davanti a uno schermo ha riguardato complessivamente il 68,7% dei bambini e dei ragazzi. Nello specifico – riporta la ricerca – il tempo di esposizione è più che triplicato per motivi scolastici, da poco meno di un’ora al giorno a tre ore e mezza, e ha riguardato il 72% di bambini e ragazzi. Mentre per uso ricreativo l’uso è quasi raddoppiato, da un’ora e tre quarti a tre ore, e ha riguardato il 49,7% dei soggetti”.

Più bambini esposti ai dispositivi nelle ore serali

“Considerando solo le ore serali, dopo le 18, l’aumento del tempo di esposizione ai dispositivi è stato osservato nel 30% del campione, pari a 325 bambini – si legge nella ricerca -. Si è passati da appena il 13,7% di bambini e ragazzi che trascorrevano più di due ore davanti agli schermi prima del Covid al 29,1%, più del doppio. Un dato particolarmente significativo, visto che i fattori maggiormente associati al rischio di insorgenza di disturbo del sonno sono proprio quelli relativi al tempo passato davanti a uno schermo nelle ore serali”.

Un minore su tre dorme male

Per valutare la presenza o meno dei disturbi del sonno, è stato utilizzato lo Sleep Disturbance Scale for Children, un apposito questionario per valutare le abitudini riguardanti il sonno nei bambini e negli adolescenti. Le domande comprendono la durata del sonno, le difficoltà nell’addormentarsi e nello svegliarsi, il numero di volte in cui ci si sveglia durante la notte e lo stato di agitazione durante il sonno. Lo studio ha dimostrato un aumento di oltre il 50% dei disturbi del sonno rispetto al periodo pre-pandemia. Nel dettaglio, riporta Adnkronos, si è passati da 240 bambini e adolescenti che mostravano già disturbi del sonno prima dell’inizio della pandemia, ai 367 durante la pandemia, il 33,9% di tutto il campione, praticamente un minore su tre.

Il sonno è cruciale per migliorare abilità cognitive e sociali

“Lo stile di vita dei bambini e di ragazzi è cambiato profondamente. Ormai i dispositivi elettronici fanno parte della loro vita, sia scolastica sia sociale, e questo persiste anche ora che siamo molto lontani dalle chiusure pandemiche. Tutto questo non fa che sottolineare l’importanza delle raccomandazioni di igiene del sonno – commenta Romina Moavero, neurologa dello sviluppo all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e coautrice dello studio – per promuovere comportamenti adeguati a favorire il buon sonno in infanzia e in adolescenza. Soprattutto perché il sonno in questa fascia di età è cruciale per migliorare apprendimenti, abilità cognitive, scolastiche e anche sociali.

L’incertezza del momento? Può rivelarsi una grande opportunità, anche per le aziende

Viviamo in un periodo di incertezza economica e di grandi cambiamenti, che riflettono le molteplici crisi che stiamo attraversando a livello globale: inflazione, povertà e disuguaglianza predominano ovunque. In Italia, secondo l’Istat, a marzo abbiamo assistito ad un aumento dei livelli sia del clima di fiducia sia del clima personale, con una diminuzione per la prima volta dell’inflazione. Ciò ci apre una finestra di speranza per il futuro, ma evidenzia anche la poca stabilità di queste metriche e quanto tutto ciò possa causare un senso di incertezza.

Maggiore propensione al consumo per i prossimi 12 mesi

Se guardiamo più da vicino la situazione italiana, notiamo alcuni parametri interessanti. In primo luogo, c’è stato un calo dei pessimisti per le prospettive economiche del Paese, mentre in secondo luogo abbiamo riscontrato una lieve risalita dei nuclei familiari che riescono a risparmiare e, in terzo luogo, una maggiore propensione al consumo di beni e servizi nei prossimi 12 mesi. Questi tre parametri sono un po’ in contrasto tra loro e offrono comportamenti diversi a seconda della situazione che si prospetta, il che ci fa pensare che i consumatori agiscano intuitivamente in base a differenti scenari.

Uno stato di transizione permanente

Viviamo in uno stato di transizione permanente, caratterizzato da diverse transizioni ecologiche, energetiche, digitali, lavorative e demografiche che si sovrappongono senza un chiaro approdo in vista, generando un forte senso di incertezza. Le reazioni delle aziende oggi appaiono spesso difensive, ma allo stesso tempo c’è la necessità di fare più strategia e meno tattica, di avere un atteggiamento più aperto all’ascolto del mercato e di essere più coraggiosi.

Superare l’analisi tradizionale

Per affrontare l’incertezza, è necessario superare l’analisi tradizionale, basata sul presupposto che il passato predica il futuro in maniera lineare, e adottare invece un approccio di foresight, che integri gli eventi eccezionali nella previsione del futuro. In Ipsos Strategy3 si lavora con un framework chiamato “The theory of change” basato su due grandi pilastri: le forze certe e trasformative che regolano il nostro mondo e quelle meno certe, che vanno modellizzate in maniera più raffinata per poterne capire l’impatto. L’insieme di queste forze costituisce quattro macro-scenari, chiamati “Powers”, all’interno dei quali possiamo costruire mondi futuri.
Gli scenari sono storie solide sul futuro fondate su evidenze e insights, costruite a partire da un processo di previsione divergente, creativo e collaborativo, dove gli insights vengono raccolti sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione. Essi rappresentano narrazioni sul futuro che esplorano le differenze tra mondi plausibili, distinti e chiari.

Consumi in casa, italiani sempre più attenti

Bucato sì, ma con un occhio di riguardo allo spreco dell’acqua. E lo stesso si può dire per lavastoviglie e in generale per l’utilizzo di tutti gli elettordomestici. Gli italiani sono sempre più attenti alla sostenibilità (nonché ai costi) e quindi si impegnano a ridurre i consumi. Lo rivela una recente ricerca di Electrolux Group che svela che il 94% delle famiglie si impegna a consumare meno.

Come sono cambiate le abitudini di lavaggio 

Negli ultimi 3 anni, il 70% dei nostri connazionali ha rivoluzionato le abitudini relative al bucato. Il dato emerge da The Truth About Laundry, un corposo studio sulle abitudini di lavaggio condotto da Electrolux Group. I risultati evidenziano una evoluzione significativa e positiva e mostrano un Paese virtuoso che, rivoluzionando i propri comportamenti domestici, è riuscito a risparmiare oltre 320mila tonnellate di CO2. Quasi 12 milioni di famiglie, in Italia, preferiscono adesso lavare i capi a 30°. 

Obiettivo, ridurre il dispendio energetico

L’ultima edizione dello studio ha acceso i riflettori sulla  di quest’anno dello studio si è concentrata, infatti, sulla salvaguardia delle risorse e, in particolare, sulla riduzione del dispendio energetico. In base ai dati raccolti, si scopre che l’88% degli intervistati afferma di pensare maggiormente ai consumi dei propri elettrodomestici e che il 94% si è impegnato per ridurli. Non solo: il 40% degli intervistati ha iniziato a lavare più spesso di notte, mentre il 39% ha ridotto la temperatura di lavaggio. Il 36% ha limitato il numero di volte in cui fa il bucato e lavato con maggiore frequenza a pieno carico, mentre il 31% ha utilizzato la modalità ecologica.

Attenti alla qualità del bucato e diffidenti verso soluzioni alternative

Dall’indagine emerge poi che gli italiani sono tradizionalisti quando si parla di bucato. A differenze dei “colleghi” di altri paesi europei, i i nostri connazionali non vogliono adottare determinate abitudini: per prolungare la vita degli abiti solo il 18% ha indossato i capi più a lungo fra un lavaggio e l’altro e quasi nessuno (5%) utilizza il vapore per rinfrescare i capi ed evitare un ciclo completo. Il motivo di questa diffidenza risiede in timori ancora radicati come quelli di non ottenere un bucato pulito (30%), senza macchie (28%), germi (27%) o odori (22%).

Miti da sfatare

Però chi ha provato altri sistemi ha cambiato idea, confermando che spesso si tratta di falsi miti. Ad esempio, sempre più italiani scelgono le basse temperature. Il 45% di chi ha provato il lavaggio a 30° si è detto  soddisfatto dei risultati ottenuti. La crisi energetica potrebbe quindi essere la spinta a lavare a temperature più basse, poichè si risparmia in termini di consumi e quindi denaro.

Mercato dell’Extended Reality, 231 progetti attivi in Italia

Il mercato dell’Extended Reality in Italia è in costante crescita, con 231 progetti attivi dal 2020 ad oggi. Molte aziende stanno già utilizzando tecnologie che arricchiscono il mondo reale con elementi digitali o creano ambienti virtuali. Tuttavia, il vero e proprio Metaverso è ancora in fase di definizione, con 212 mondi virtuali presenti ma senza piena interoperabilità. Nonostante ciò, le aziende hanno dimostrato forte interesse, con 445 progetti a livello internazionale, soprattutto nel Retail e nell’Entertainment. 

L’88% degli italiani ha sentito parlare del Metaverso, ma non sa bene cos’è

Sebbene l’86% degli utenti internet italiani tra 18 e 75 anni abbia sentito parlare del concetto di Metaverso, solo l’8% lo conosce veramente. In Italia, circa 1,4 milioni di utenti internet accedono ogni giorno ad almeno un mondo virtuale, principalmente Fortnite e Minecraft. Il Metaverso rappresenta la prossima grande evoluzione dell’interazione online, ma per diventare una realtà completa e coinvolgente, servirà la collaborazione di tutti gli attori.

Cosa serve affinchè il Metaverso sia una realtà sempre più completa

“Per dare forma al Metaverso, rendendolo una realtà sempre più completa, coinvolgente e capace di creare valore per tutti gli attori servirà la collaborazione di sviluppatori, aziende, istituzioni e anche degli utenti – dice Valeria Portale, Direttore dell’Osservatorio Realtà Aumentata & Metaverso –. Occorrerà definire standard condivisi per rendere i mondi virtuali interoperabili attraverso il Web3 e le tecnologie blockchain, migliorare la user experience sia dei mondi virtuali (in termini di qualità grafica, fluidità dei movimenti e modalità di interazione tra gli utenti) sia dei device di accesso, sviluppare una regolamentazione su data collection e privacy, oggi totalmente assente, e, non da ultimo, popolare i diversi mondi, abituando gli utenti a usare frequentemente questa nuova modalità di navigazione e dando loro la possibilità di fruire di contenuti, servizi ed esperienze di valore”.

Un settore in forte sviluppo

Il mercato dell’Extended Reality in Italia è già sviluppato, con 231 progetti pubblici attivi, di cui 126 nella gestione dei consumatori e 105 in processi aziendali. Nel B2c, il 34% dei progetti riguarda il settore Tourism & Art, mentre nel B2b/B2e, i settori più attivi sono l’Industrial Production e l’Healthcare. Il Metaverso è definito come un ecosistema immersivo, persistente, accessibile a tutti, interattivo e interoperabile, composto da mondi virtuali interconnessi tra loro in cui le persone possono socializzare, lavorare, effettuare transazioni, giocare e creare asset, accedendo anche tramite dispositivi immersivi. Il Metaverso così definito ancora non esiste, ma si iniziano ad intravedere contorni e caratteristiche. Dei 212 mondi virtuali esistenti a livello internazionale, circa 1 su 2 è già Metaverse-ready, ossia liberamente accessibile.

Il lato oscuro di Telegram: dal phishing alla vendita dei dati

I cybercriminali sfruttano le funzionalità di Telegram per creare phishing automatizzato su larga scala e vendere i dati rubati in seguito a un attacco di questo tipo. Secondo la nuova ricerca di Kaspersky uno degli aspetti più significativi di questa tendenza è l’uso dei bot di Telegram per automatizzare attività illegali. Mentre i bot di Telegram aiutano gli utenti e le aziende ad automatizzare molti processi di routine, gli attaccanti hanno trovato il modo di utilizzarli per rendere automatiche le loro attività dannose. E l’attività dei truffatori online sul servizio di messaggistica è aumentata in modo significativo.

Un processo semplice e gratuito sfruttato dai truffatori

La creazione di siti web falsi in un bot Telegram è un processo semplice e gratuito che di solito prevede diverse fasi. Un truffatore inesperto si iscrive al canale del creatore del bot, seleziona la lingua desiderata, crea il proprio bot e invia il token al bot principale. Il nuovo bot è stato creato per ricevere i dati degli utenti che hanno seguito i link di phishing e hanno cercato di accedere a un sito falso.
Gli attaccanti possono utilizzare questo metodo per raccogliere una grande quantità di dati, tra cui indirizzi e-mail, numeri di telefono, password di account, indirizzi IP e il paese di appartenenza della vittima. Questi bot forniscono una varietà di piattaforme mirate, tra cui messenger, social media e siti web di brand popolari, da sfruttare in una futura pagina di phishing.

Pagine VIP in vendita

Oltre ai kit di phishing gratuiti e alla creazione automatica di phishing tramite bot Telegram, i truffatori offrono beni e servizi a pagamento secondo il modello phishing-as-a-service. Gli attaccanti vendono ‘pagine VIP’ per truffe e phishing, ovvero siti web creati da zero con una maggiore offerta di funzionalità o strumenti per la generazione di tali pagine. Non si tratta più di copie poco curate di siti web di brand famosi, ma di risorse per truffe più avanzate e mirate. Ad esempio, una pagina VIP può contenere elementi di ingegneria sociale come un design accattivante e promesse di grandi vincite, protezione dal rilevamento o altro. I prezzi di queste pagine false variano da 10 a 300 dollari.

“Una nuova via per le attività darknet”

Si possono inoltre mettere in vendita i dati dei conti bancari ricavati con il phishing. A differenza dei dati gratuiti, quelli a pagamento vengono verificati in base all’importo del conto dell’utente.
Ad esempio, per accedere a un conto bancario con un saldo di 1.400 dollari, ai proprietari viene chiesto di pagare 110 dollari, mentre le credenziali di un conto con un saldo di 49.000 dollari sono stati messi in vendita per 700 dollari.
“L’aumento di popolarità di Telegram ha purtroppo portato a un incremento delle attività criminali sulla piattaforma – commenta Olga Svistunova, Security Expertdi Kaspersky -. Grazie alle sue potenti funzionalità di automazione, i truffatori hanno trasformato Telegram in una nuova via per le attività darknet”. 

Italiani, il cashless sempre più utilizzato anche per le piccole spese

Gli italiani scelgono metodi di pagamento alternativi al contante anche in caso di piccole spese. Secondo l’Osservatorio Scontrini Cashless 2023 di SumUp, la fintech leader nel settore dei pagamenti digitali e soluzioni innovative cashless, nel 2022 i pagamenti senza contanti sono cresciuti in quasi tutto il paese. I valori medi sempre più bassi delle transazioni digitali nelle province del Nord, del Centro e del Mezzogiorno dimostrano che gli italiani stanno adottando sempre di più i pagamenti digitali. Lo scontrino medio cashless a livello nazionale è diminuito dell’8%, attestandosi sulla cifra di 40,4 euro. Le province con lo scontrino medio più basso sono Cagliari, Bologna e Caltanissetta, mentre quelle con il ticket medio cashless più elevato sono Savona, Siena e Grosseto.

Dove lo scontrino è basso? Soprattutto al bar 

In generale, i settori in cui gli scontrini digitali sono più bassi sono bar e club, tabaccherie e fast food. Si tratta di una tendenza che indica un maggiore utilizzo di pagamenti digitali anche per spese minori e in esercizi tradizionalmente associati ai contanti. Questi risultati dimostrano che i consumatori italiani sono sempre più abituati a utilizzare metodi di pagamento alternativi al contante anche per piccoli importi. D’altro canto, si conferma anche che gli esercenti sono sempre più disposti a introdurre strumenti digitali per semplificare e velocizzare le operazioni di cassa.

Al Sud gli scontrini cashless più leggeri

La Top Ten delle province con gli scontrini medi cashless più bassi premia in maggioranza i territori del Sud e delle Isole, con sole tre province del Centro-Nord del paese. Al di fuori delle prime dieci, le province del Nord con il ticket medio più ridotto sono Genova, Torino e Ferrara. La prima città del Centro Italia si trova solo alla 39° posizione, dove si colloca Frosinone, seguita da Viterbo e Latina.

I pagamenti digitali crescono dal Nord al Sud

Secondo Umberto Zola, Growth Marketing Lead di SumUp, l’evoluzione dei pagamenti senza contanti riguarda quasi tutte le province, pur con velocità diverse. “La diminuzione dello scontrino medio è uno degli indicatori che meglio rappresenta la crescita del cashless in Italia, perché dimostra che i consumatori sono sempre più abituati a utilizzare metodi di pagamento alternativi al contante anche per piccoli importi e che gli esercenti sono sempre più disposti a introdurre strumenti digitali per semplificare e velocizzare le operazioni di cassa” afferma Zola.

Immobili: in quali città italiane conviene investire?

Uno dei fenomeni più in voga nel settore degli investimenti immobiliari è quello di comprare un immobile per ottenere un guadagno rimettendolo sul mercato in affitto, il cosiddetto buy-to-rent.
Per questo tipo di attività è fondamentale valutare il rendimento di un immobile in una determinata città, ovvero, la relazione tra il prezzo medio di un anno di affitto con il prezzo medio di vendita. Più il rendimento è alto, minore è il tempo con cui l’investitore recupererà l’investimento iniziale.
A quanto emerge dai dati sulle quotazioni immobiliari di Wikicasa Messina (10,62%), Catania (8,64%) e Palermo (7,02%) sono le città in cui gli immobili hanno il rendimento più elevato. Per quanto riguarda i grandi centri urbani, Roma, oltre a Firenze, registra il dato più basso (5,28%). Leggermente meglio la situazione a Milano (5,52%) e Bologna (6,14%), mentre chiudono la classifica Firenze (4,80%), Venezia (4,71%) e Salerno (3,98%).

Il buy-to-rent

Il buy-to-rent è un investimento che non viene influenzato dall’aumento dell’inflazione. La maggioranza dei canoni di locazione, infatti, può variare in base all’aumento del costo della vita per indicizzazione contrattuale. Il prezzo medio di un immobile in affitto, di conseguenza, è molto più sensibile all’inflazione, al contrario del prezzo medio di vendita, meno dinamico di fronte a questo fenomeno. L’unico modo in cui l’inflazione può influenzare nel breve termine il prezzo medio di vendita di un immobile è legato all’effetto di questa sui costi di costruzione, quindi è riconducibile solo a immobili nuovi, che costituiscono solo una parte marginale dello stock immobiliare residenziale.

A Milano e Bologna mercato degli affitti più florido

Milano e Bologna sono al momento le città italiane con il mercato degli affitti più florido, dovuto a una maggiore presenza di studenti e giovani lavoratori rispetto alle altre grandi città.
Gli elevati volumi del mercato della domanda per soluzioni abitative in affitto a lungo termine ha influenzato il mercato dell’offerta, portando il prezzo medio di affitto a crescere in modo più che proporzionale rispetto al prezzo medio di vendita. Questa dinamica ha permesso quindi al rendimento di crescere di più del 10% in entrambe le città rispetto all’anno precedente, il miglior risultato tra i centri presi in esame.

A Firenze e Venezia forte disparità tra centro e periferia

A Firenze e Venezia il mercato presenta una forte disparità tra centro e periferia, dovuta all’influenza della componente turistica sulla domanda di mercato. Nel centro di queste città lo stock immobiliare residenziale, generalmente composto da immobili storici, presenta una carenza di soluzioni in locazione a lungo termine. Per questo, la maggioranza della domanda e dell’offerta di annunci in affitto con finalità abitativa si concentra in periferia, con canoni mensili medi più bassi, causando una contrazione della redditività media complessiva. L’indice di rendimento risulta essere perciò solo parzialmente in grado di definire la natura del mercato immobiliare di una singola città, poiché spesso viene influenzato da fattori legati ad alcune caratteristiche di domanda e offerta della singola zona.

Di chi sono i diritti di un’opera creata dall’AI?

La capacità dei modelli di AI generativa di ‘digerire’ migliaia di testi o immagini per poi ‘produrre’ contenuti dotati di creatività porta a interrogarsi sulla possibilità di tutelare l’output di tali modelli ricorrendo al diritto d’autore. Ma chi è l’autore dell’opera generata da una AI? Si possono usare contenuti protetti da diritto d’autore per alimentare i sistemi AI?
“Non esiste una norma che risponda direttamente e univocamente – dichiara Lydia Mendola, partner dello Studio legale Portolano Cavallo di Roma -. Sia la UE sia la maggior parte delle nazioni nel mondo, hanno assunto la posizione secondo cui i modelli di AI non possono essere qualificati come autori di un’opera, e quindi il contenuto prodotto da un modello di AI generativa non può essere considerato un’opera protetta da copyright”.

Opere di pubblico dominio? 

“Quindi, in assenza di apporto creativo di un essere umano, c’è la possibilità che le opere generate dall’AI diventino di pubblico dominio. L’autore dovrà così dimostrare come il modello di AI abbia rappresentato un momento o uno strumento all’interno di un processo creativo più complesso”, aggiunge Mendola.
Negli Stati Uniti la dottrina del ‘fair use’ è invocata per legittimare l’attività di raccolta massiva di contenuti digitali, ovvero legittimare l’uso di materiale eventualmente protetto dal diritto d’autore altrui in assenza di autorizzazioni da parte del titolare del copyright. Questa dottrina non trova, però, immediata e diretta applicazione nell’ordinamento italiano o europeo.

L’eccezione Test and Data mining

Con l’introduzione dell’eccezione Test and Data mining contenuta nella Direttiva su diritto d’autore e diritti connessi nel mercato unico digitale, sono i titolari dei diritti di esclusiva che si devono attivare per proteggere le proprie opere, e fare in modo che non siano oggetto di attività di estrazione massiva di dati. Ma se l’acquisizione dei dati coperti da copyright avviene legittimamente, anche l’opera generata dal modello di AI sarebbe lecita?
“Se il modello viene addestrato su milioni di immagini e utilizzato per generare nuove immagini, è estremamente improbabile che ciò costituisca una violazione del copyright in quanto il risultato finale sarà molto diverso dalle opere originali”, spiega Mendola.

Chi è il responsabile del plagio? 

“Se come modello si utilizzassero immagini di uno specifico artista, con l’obiettivo di generare lavori confondibili con una sua opera originale, l’artista in questione potrebbe opporsi alla circolazione e sfruttamento della nuova opera generata dal modello di AI, anche laddove non abbia espresso a monte alcuna riserva rispetto allo scraping dei suoi contenuti – puntualizza Mendola -. Potrebbe, ad esempio, lamentare la sussistenza di un plagio evolutivo, che ricorre quando l’opera originaria è comunque riconoscibile nella nuova opera. Ma chi è il responsabile del possibile plagio? Il modello di AI generativa, il suo programmatore, l’azienda che possiede la relativa piattaforma, o l’utente che ha interrogato il modello di AI per ottenere l’opera plagiaria?”.
La risposta non è univoca: è necessario indagare gli step del processo creativo che ha portato alla produzione di un certo contenuto.

Finanza sostenibile: cala l’interesse verso gli investimenti “verdi”? 

Nel 2022 l’interesse degli italiani verso gli investimenti sostenibili è in leggero calo. E tra i fattori che più inducono alla prudenza c’è il rischio del greenwashing, fenomeno ormai al centro dell’attenzione dei regolatori internazionali. In prospettiva però la ‘finanza verde’ mantiene la sua forza di attrazione, tanto che buona parte degli italiani è disposta a valutare nei prossimi due anni un ri-orientamento del proprio portafoglio titoli in favore dei prodotti sostenibili.  Sono alcuni dei principali risultati evidenziati nel corso di un convegno svolto presso la Consob di Roma sul tema ‘Investimenti sostenibili. Conoscenze, attitudini e scelte degli investitori italiani’.
Il convegno ha approfondito i temi della sostenibilità affrontati nell’ottavo Rapporto della Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane, presentato il 26 gennaio scorso.

Investire sostenibile, a costo di accettare rendimenti più bassi

In un contesto di incertezza economica e geopolitica, caratterizzato da una brusca impennata dell’inflazione e dalla guerra in Ucraina, secondo un sondaggio condotto tra giugno e luglio 2022 su un campione di 1.436 intervistati, il 15% degli italiani si dice interessato a investire in prodotti finanziari sostenibili. Ovvero, quelli che si contraddistinguono per l’impegno verso la tutela dell’ambiente, dei diritti dei lavoratori e dei valori del buon governo societario. Questo, anche a costo di accettare rendimenti più bassi rispetto a quelli prospettati da altre forme di investimento. Ma nel 2021 il dato corrispondente era al 17%.

Il greenwashing mina la fiducia degli italiani

Il 48% degli intervistati (57% nel 2021) si dichiara disposto a investire in prodotti finanziari Esg (Environment, Social, Governance) solo a condizione che i rendimenti siano pari, o addirittura superiori, a quelli offerti da investimenti non sostenibili. Il 17% dichiara, invece, di non avere alcun interesse per la finanza sostenibile, contro il 13% di un anno prima.
“I dati rivelano che il greenwashing, inteso come affermazioni fuorvianti sulle effettive caratteristiche di sostenibilità dei prodotti, è fra i timori e i rischi percepiti dagli investitori – osserva Chiara Mosca, Commissaria Consob -. È un fenomeno che può minare la fiducia”. Per questo, “il contrasto del greenwashing – aggiunge Mosca – è una priorità globale ed è nell’agenda dei regulator internazionali”.

Ma la finanza green non perde appeal

Dal sondaggio risulta anche che le conoscenze degli italiani sul mondo della finanza sostenibile sono ancora piuttosto limitate. Solo il 29% del campione, infatti, ha risposto correttamente ad alcune semplici domande sulle caratteristiche dei prodotti finanziari sostenibili. Tuttavia, malgrado la flessione registrata nel 2022, il ‘verde’ in finanza non perde appeal. Il 57% degli intervistati è infatti propenso a modificare nei prossimi due anni le proprie scelte di investimento, rafforzando la componente della sostenibilità. E l’interesse risulta maggiore tra le donne, i giovani, gli investitori abbienti e quelli più alfabetizzati dal punto di vista finanziario.

Tecnologia di consumo: nel 2022 le vendite calano del -2,7%

Il 2022 per il settore della Tecnologia di consumo in Italia si chiude con il segno negativo. Secondo le rilevazioni di GfK, dopo un 2021 caratterizzato da numeri da record, e una crescita del +9,2%, le vendite della Tecnologia di consumo hanno visto una contrazione del -2,7%, e il valore complessivo del mercato a fine anno si è attestato a 17 miliardi di euro. Nonostante questo, le rilevazioni GfK mettono in luce una performance positiva per alcuni comparti, come Home Comfort, Piccolo Elettrodomestico e Telefonia. Frena invece l’Elettronica di consumo, che nel 2021 aveva beneficiato degli effetti dello switch-off sulle vendite di apparecchi TV.

Rispetto agli anni pre-pandemia il mercato continua a crescere

Il confronto con il 2021 evidenzia anche differenze rispetto alle performance dei canali di vendita. Se nel 2021 era cresciuto soprattutto l’offline, nel 2022 le vendite effettuate sui canali tradizionali sono diminuite del -5,3%. Positivo invece il trend del canale online, cresciuto del +5,5% a valore, arrivando a pesare il 26,3% del mercato Tech nel suo compresso (nel 2022 vale il 24,2%). Confrontando i risultati del 2022 con quelli degli anni precedenti, il trend però è ancora positivo. Il mercato della Tecnologia segna infatti un +6% a valore rispetto al 2020, e un +16% rispetto al 2019. Una crescita influenzata sicuramente anche dall’aumento generalizzato dei prezzi, considerando che nel 2022 l’inflazione è salita al +8,1%.

Home Comfort +25,3%, bene anche Piccolo Elettrodomestico, Photo, Telefonia

Se il mercato nel suo complesso rallenta, alcuni settori hanno registrato risultati positivi anche nel corso del 2022. La crescita più significativa rispetto all’anno precedente è quella dell’Home Comfort (+25,3%), grazie alla performance dei condizionatori, che hanno beneficiato di un’estate molto calda, ma anche del bonus governativo per i prodotti con pompa di calore. In crescita rispetto al 2021 anche il Piccolo Elettrodomestico (+3,8%), il comparto Photo (+5%) e la Telefonia (+3,7%), il settore più importante per fatturato, con un peso sul totale del 36% e una crescita a valore di smartphone e wearable.

Inversione di tendenza per Elettronica di Consumo: -14,4%

Inversione di tendenza invece per l’Elettronica di Consumo, che dopo la crescita registrata nel 2021 (+35,9%), dovuta anche agli effetti dello switch-off sulle vendite di TV, chiude il 2022 con una contrazione del -14,4%. Effetto rimbalzo anche per l’Information Technology/Office, che negli scorsi anni più di altri settori aveva beneficiato dell’impennata di acquisti legati agli effetti della pandemia su lavoro agile e DAD. Per questo comparto, il 2022 si chiude con una decrescita del -9,9%. Leggermente negativo anche il comparto del Grande Elettrodomestico, che segna un -2,1% rispetto al 2021.